La V Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, con ordinanza del 2 marzo 2016, ha rimesso alle Sezioni Unite il seguente quesito: «se la modifica dell’art. 2621 c.c. per effetto dell’art. 9 della l. n. 69/2015 nella parte in cui, disciplinando ‘le false comunicazioni sociali’, non ha riportato l’inciso ‘ancorché oggetto di valutazioni’, abbia determinato o meno un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie».
Com’è noto infatti, il legislatore con la Legge n. 69/2015 è intervenuto in materia di false comunicazioni sociali e, tra le altre cose, ha eliminato dall´articolo 2621 c.c. l´espressione «ancorché oggetto di valutazioni».
Tale innovazione normativa ha da subito diviso dottrina e giurisprudenza facendo scaturire due orientamenti contrastanti e ben distinti, peraltro tutt’altro che uniformi.
Da un lato, alcuni – fornendo una analisi strettamente letterale della norma – considerano che la nuova dicitura «fatti materiali non rispondenti al vero», in sostituzione del previgente «fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni», sia da interpretare come la volontà del legislatore di escludere una qualche rilevanza penale ai falsi valutativi.
Secondo coloro che, invece, danno una lettura più sistematica della disciplina, le valutazioni continuerebbero a ricadere nella fattispecie penale.
È evidente che non si tratti di una semplice diatriba tra studiosi del diritto, bensì di un’interpretazione con rilevanti risvolti applicativi.
L´udienza delle Sezioni Unite, coinvolte per dirimere l’acceso contrasto, si terrà il prossimo 31 marzo.