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Cassazione Penale – Sez. I – Sentenza n. 18168/2016: la prima pronuncia sulla responsabilità penale dei membri dell’Organismo di Vigilanza

La I Sezione Penale della Corte di Cassazione si è recentemente pronunciata, con la sentenza n. 18168/2016, sul dibattuto tema della responsabilità penale dei membri dell’O.d.V.

Il processo era scaturito a seguito del verificarsi di un grave infortunio sul lavoro e una delle imputazioni per le quali si procedeva era quella del reato previsto e punito dall’articolo 437 c.p., “Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro” secondo cui “chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni. Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni.”

Tra i vari imputati sono stati coinvolti i componenti del Consiglio di Amministrazione dell’azienda nonché i membri dell’Organismo di Vigilanza nominato ex D.Lgs. 231/2001.

In particolare al C.d.A. si contestava di non avere adottato tutte le cautele antinfortunistiche obbligatorie per legge, mentre l’O.d.V. era ritenuto responsabile per avere ignorato la reportistica proveniente dal cantiere in cui poi era avvenuto il sinistro omettendo di segnalare agli apicali della società quanto lamentato e non risolvendo, così, le problematiche apprese.

Il Giudice per l’Udienza Preliminare ha emesso sentenza di non luogo a procedere ritenendo insussistente il fatto contestato per un duplice ordine di motivi. Per prima cosa, le cautele mancanti che avevano causato l’infortunio non devono essere ricondotte alla tipologia di “apparecchi” postulati dall’art. 437 c.p., inoltre a parere del Magistrato non vi sarebbe stata alcuna omissione rilevante – né da parte del C.d.A. né dell’O.d.V. – poiché manca uno specifico dovere giuridico atto a far scaturire l’obbligo di adozione delle cautele in questione ma anche perché esisteva in azienda un dettagliato sistema di deleghe appositamente rilasciate ai direttori responsabili proprio del settore produttivo coinvolto.

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale, non condividendo le argomentazioni del G.U.P., ha proposto ricorso dinnanzi alla Suprema Corte chiedendo l’annullamento della sentenza

La Cassazione ha però rigettato il ricorso ritenendolo infondato per diverse ragioni.

In effetti, tra le varie problematiche sulle quali gli Ermellini hanno dibattono, viene anche affrontano – per la prima volta – il tema della configurabilità di una responsabilità penale per membri dell’Organismo di Vigilanza.

Ecco, la Suprema Corte esclude questa possibilità.

Infatti, nel caso di specie, dopo avere escluso una responsabilità penale per il C.d.A. dal momento che nel corso del processo di merito era chiaramente emerso che i componenti dell’O.d.V. “nulla avevano riferito ai membri del Consiglio di Amministrazione” e, conseguentemente, al C.d.A. non poteva essere imputato il mancato adeguamento a cautele di cui ignoravano l’urgenza, i Giudici negano ogni coinvolgimento di tipo penale anche per l’O.d.V. poiché “il ricorso non precisa quali fossero la carenze e le manchevolezze che sarebbero state dolosamente ignorate dai membri dell’Organismo di Vigilanza”, né tanto meno collega tali mancanze ai fattori scatenanti l’infortunio.

Infine, affidandosi anche ad un principio di buon senso, i Supremi Giudici ricordano che comunque i compiti del C.d.A. ed il ruolo dell’O.d.V. non possono estendersi sino alla singola operazione pratica.