La crisi finanziaria non può in alcun modo costituire una causa di forza maggiore per l’imprenditore che prosegue la propria attività senza rispettare gli obblighi previdenziali e retributivi.
Secondo l’indirizzo costante della Suprema Corte, infatti, lo stato di dissesto dell’impresa non elimina il carattere penale dell’illecito, poiché i contributi non costituiscono parte integrante del salario ma sono un tributo, da pagare sempre indipendentemente dalle vicissitudini finanziarie.
Ciò trova la propria ratio nelle finalità, costituzionalmente garantite, degli obblighi previdenziali e retributivi.