La Suprema Corte di Cassazione ha chiarito che la fattispecie criminosa di cui all’articolo 10 ter del D.lgs. n. 74/2000, introdotto con l’art. 35 del D.lg. n. 223/2006, costituisce un reato proprio che punisce colui che, pur essendo obbligato ex lege a versare l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, non adempia a tale obbligo.
Quindi, come chiarisce la Corte, il reato si consuma nel momento della scadenza del termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo; tale termine è fissato dalla legge n. 405/1990 nel giorno 27 del mese di dicembre.
Dunque, ai fini dell’integrazione del reato, non è sufficiente un qualsiasi ritardo nel versamento dell’imposta, ma è necessario che l’omissione del versamento dell’imposta dovuta si protragga fino al 27 dicembre dell’anno successivo al periodo d’imposta di riferimento.
Pertanto “poiché è un reato omissivo istantaneo sottoposto all’adempimento di un obbligo entro un termine, è a tale momento che deve aversi riferimento per determinare il fatto consumativo” e l’autore del delitto.
Per tale ragione, qualora al momento dello scadere del termine previsto per il pagamento dell’imposta, l’amministratore non rivesta più tale carica, sarà sicuramente esente da responsabilità penale poiché non avrebbe potuto più adempiere all’obbligo tributario.