Con la sentenza n. 1641 del 23 gennaio 2017 gli Ermellini, nella loro composizione a Sezioni Unite, si sono recentemente pronunciati sul ricorso proposto dal curatore fallimentare di una S.r.l. avverso una pronuncia della Corte d’Appello di Milano.
I Giudici di secondo grado, nel caso di specie, dovendo valutare la domanda di risarcimento danni presentata contro gli amministratori di una società fallita, condannati per bancarotta ai sensi dell’art. 444 c.p.p. e avanzata dal suddetto curatore, avevano negato a quest’ultimo la legittimazione ad agire tanto ex art. 2393 c.c. quanto ex art. 2394 c.c., non ravvisando nelle accertate condotte criminose degli organi societari gestori alcun pregiudizio alla massa creditoria.
Il curatore fallimentare, impugnava quindi tale provvedimento innanzi alla Suprema Corte di Cassazione, deducendo – tra le varie rimostranze – la violazione degli artt. 216 e 240 della L. fall., nella parte in cui gli si riconosce espressamente la legittimazione esclusiva a costituirsi parte civile nel procedimento penale, anche contro il fallito, per i reati previsti nel titolo VI della legge fallimentare e perciò anche per la bancarotta preferenziale e precisando, proprio a riguardo, come nonostante l’ammissione della propria costituzione di parte civile nel processo penale conclusosi con la condanna per gli amministratori della società de qua, in quella stessa sede la sua domanda non aveva potuto trovare spazio, stante la regola prevista in materia di patteggiamento secondo la quale, come è noto, una volta accordato l’accesso a tale rito speciale, “se vi è costituzione di parte civile, il giudice non decide sulla relativa domanda”.
In ragione della particolare importanza del quesito, i Giudici di legittimità della III Sezione civile – investiti dal ricorso – hanno rimesso l’analisi della questione alle Sezioni Unite.
Le SS. UU., pur condividendo la premessa adottata in sede di merito secondo la quale la legittimazione del curatore ad agire in rappresentanza dei creditori è limitata alle sole azioni finalizzate alla ricostruzione del patrimonio del debitore nella sua funzione di garanzia, pervengono a ben altra conclusione, affermando, invece, l’esistenza di una doppia legittimazione ad agire in capo al curatore.
Quest’ultimo – spiega la Suprema Corte di Cassazione – può proporre l’azione di responsabilità degli amministratori agendo non solo ai sensi dell’art. 2393 c.c., norma che ha natura contrattuale e che presuppone un danno prodotto alla società da ogni illecito doloso o colposo degli amministratori per violazione di doveri imposti dalla legge e dall’atto costitutivo, ma anche ai sensi dell’art. 2394 c.c., disposizione che ha invece natura extracontrattuale e come presupposto l’insufficienza patrimoniale cagionata dall’inosservanza di obblighi di conservazione del patrimonio della società; così riconoscendo, come la sua legittimazione, pertanto, oltre ad essere duplice in quanto rappresentativa, al contempo, sia degli interessi della società che di quelli dei creditori, sia altresì da considerarsi unitaria, potendo essere fatta valere sia in sede penale che civile.