L’accertamento sintetico mediante c.d. “Redditometro”, di cui all’art. 38, commi 4, 5 e 6 del D.P.R. n. 600/73, non può prescindere dalla considerazione delle giustificazioni addotte dal contribuente, in modo da valutare se il suo stile di vita attuale derivi effettivamente da una ricchezza accumulata in passato.
Questo è il principio sancito dalla Sentenza n. 21994 emanata dalla Suprema Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, la quale ha chiarito che i giudici di merito avrebbero dovuto considerare la documentazione prodotta dal contribuente poiché comprovante un cospicuo accumulo di ricchezza negli anni precedenti a quello oggetto di accertamento fiscale.
Gli Ermellini, infatti, con la pronuncia in commento, hanno criticato il comportamento del giudice di merito che “si è limitato a negare la produzione di qualsiasi idonea prova contraria, senza supportare tale apodittica statuizione con sufficienti argomentazioni”.
Il c.d. “Redditometro”, in sintesi, basandosi sulla capacità di spesa del contribuente ed essendo uno strumento accertativo indiretto del reddito, merita un’applicazione più accurata da parte dell’Agenzia delle Entrate ed una valutazione più sensibile da parte dei giudici di merito della documentazione fornita dal contribuente.